Basket, NBA: Marco Belinelli, un esempio agli All Star Game

Basket, NBA: Marco Belinelli, un esempio agli All Star Game

Stephen Curry,James Harden,Kyrie Irving,Kyle Korver,Wesley Matthews,J.J. Redick,Klay Thompson. In rigoroso ordine alfabetico sono sette degli otto partecipanti al Foot Locker Three Point Contest che si terrà stasera al Barclays Center di New York all’interno dell’All Star Game 2015, alla vigilia del match tra le stelle dell’Est contro quelle dell’Ovest che si terrà il giorno seguente alla”Mecca”dei palazzetti dello sport planetari, il Madison Square Garden.

L’ottavo partecipante nonchè il primo in ordine alfabetico, nonchè campione uscente della manifestazione, nonchè campione in carica Nba con i San Antonio Spurs è Marco Belinelli. Sembra non fermarsi  il sogno del numero 3 di San Giovanni in Persiceto vincitore della gara da tre punti a New Orleans nell’All Star Game 2014. Più che sogno però siamo di fronte ad un caso in cui la realtà ha superato di gran lunga l’immaginazione e non è necessario sperare di non svegliarsi per non fermare la magia, occorre semplicemente continuare ad essere Marco Belinelli. Blake Griffin in un’intervista qualche tempo fà parlando di esempi di etica al lavoro dichiarò di ispirarsi a Kobe Bryant raccontando un aneddoto sul numero 24 gialloviola: il Black Mamba in vacanza in Italia alle due di notte circa alza il telefono e chiama Belinelli chiedendogli se ci fosse una palestra disponibile, Marco non esita, trova l’impianto e sostiene non una semplice sessione di tiro bensì un vero e proprio workout insieme a Kobe. Ecco, semmai un giorno dovessimo aprire un libro di sinonimi ed accanto alla parola Stakanovismo trovassimo Bryantismo il significato sarebbe esattamente lo stesso, allora se per il parente a stelle e strisce di Sergej Stakanov sei la prima persona a cui pensare per due ore di allenamento nel cuore della notte durante le vacanze evidentemente le radici del tuo successo non possono che essere nascoste nel lavoro, nel sacrificio e nella dedizione.

Dopo le prime 70 partite in Nba tutte viste dalla panchina scelse il numero 18 dei Golden State Warriors perché decise che per andare avanti doveva indossare il numero che indicava la maggiore età, in quanto aveva realizzato che solo comportandosi da grande avrebbe superato quei momenti. Domani in quella parata di fenomeni di fronte ai nomi altisonanti del dream team Usa avrà sempre quell’atteggiamento sobrio e sornione ai limiti del dimesso, ma oramai Marco non ci casca più nessuno, sei una stella tra le stelle nel cielo più luminoso dove poter splendere.

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