
“Cosa resterà e la radio canta una verità dentro una bugia”, diceva una nota canzone di Raf. Oggi la radiolina resta in un angolo, soppiantata da tv e internet. Le immagini davanti agli occhi di tutti dovrebbero aiutare a soppiantare i dubbi, eppure restano fiumi di interpretazioni anche davanti alla moviola. Così sorge spontanea una domanda: davvero la Var sarà l’antidoto alle polemiche? Certamente aiuterà in casi di visuale difficile o là dove si parli di centimetri, ma finché rimarranno i pregiudizi sarà difficile dare un’interpretazione serena degli episodi in campo.
Perché il fatto è questo: prima delle immagini viene il sospetto. Soprattutto quando si parla di Juventus. E la partita tra Juve e Milan lo ha ampiamente dimostrato. “Sempre a loro”, si lamenta il portiere rossonero Donnarumma, d’istinto, quando viene fischiato il rigore a favore dei bianconeri per il fallo di mano di De Sciglio sul cross di Lichtsteiner. Una decisione difficile da digerire, si comprende il malumore da parte degli ospiti, sull’ 1-1 al 94′. Le immagini sono da rivedere, la situazione da valutare. La decisione arriva agli sgoccioli, quando il risultato sembrava ormai confermato. Ciò che è più difficile da mandar giù è l’esasperazione della polemica anche a freddo, in una circostanza in cui appare fuoriluogo gridare allo scandalo.
Ma andiamo con ordine. L’episodio incriminato arriva a pochi secondi dal 95′, quando Lichtseiner crossa in area poco dopo un doppio assalto di Higuain alla porta rossonera. Il primo tentativo gonfia la rete dall’esterno, facendo fremere le tifoserie. Il secondo viene magistralmente parato dal portiere del Milan. Sembrava l’epilogo di un match in cui la Juve, pur dominando quanto a tiri in porta, non riesce proprio a sbloccare la parità. Invece De Sciglio, con alle spalle Romagnoli, intercetta con il braccio il pallone e l’arbitro Massa, sostenuto dall’addizionale Doveri, fischia il rigore.
Un po’ di tutto è stato tirato in ballo nel valutare l’episodio: la distanza, il movimento di De Sciglio, l’ingombro del corpo, l’interpretazione del regolamento, il recupero allungato.
Quanto al tempismo: il rigore viene fischiato 20 secondi dopo il 4′ minuto di recupero. Massa concede quel tempo, legittimo, dopo quello perso sulla ripetizione del rinvio e l’uscita dal campo dell’espulso Sosa. Le linee guida dell’AIA stabiliscono che l’arbitro debba: “valutare se il contatto tra il pallone e la mano o il braccio è voluto dal calciatore o se questi allarga, alza, muove o, comunque, tiene le mani o le braccia con l’intenzione di costituire maggior ostacolo alla traiettoria del pallone. Non deve però essere considerato intenzionale il gesto istintivo di ripararsi il viso o il basso ventre dal pallone”. Analizzando le immagini (video a seguire) De Sciglio non si sta chiaramente parando dal colpo, interviene un po’ scoordinato, sì, ma il braccio sul tiro si alza e si allarga andando ad occupare lo spazio intorno a lui creando ingombro in un’occasione in cui era palese il possibile imminente cross del difensore bianconero. Da notare che negli interventi di poco precedenti i compagni avevano difeso situazioni similari con le braccia accuratamente basse. La distanza, stando alle rilevazioni, è di un metro e 80 centimetri. Vicino, ma non tanto da rendere inevitabile il contatto con gli arti.
Un’azione sicuramente difficile da interpretare a velocità naturale, ma che da regolamento come calcio di rigore ci sta tutto. Con tutta la comprensione per la rabbia del Milan, che si vede fischiare un penalty che molti non avrebbero forse assegnato sullo scadere. Qui si pone però una domanda: è sbagliato fischiare quando il regolamento lo permette, se pur non si tratti di falciata eclatante, o c’è forse un’abitudine dettata dal clima ostile del calcio italiano a non fischiare molto sui finali di gara conoscendo le esagerate reazioni delle parti coinvolte? Uno scenario ancor più delicato lo si è visto in settimana in un match più rilevante, quello di Champions League tra Barcellona e PSG.
Smaltite le considerazioni sull’azione, ce ne sono altre che devono trovare voce in capitolo. Ovvero “ciò che resta” di Juventus-Milan. Citiamo le statistiche: 24 tiri totali per la Juventus, 6 per il Milan. Per i bianconeri 11 nello specchio, 2 per il rossoneri. Ma il calcio può andare così, non sempre vince chi ha giocato meglio. Però, preme dirlo, di ciò che dovrebbe essere il fulcro di una partita, ovvero quel che è messo in campo da due formazioni, non resta molto quando si parla solo di episodi.
Ci sono poi tutte quelle azioni che vengono dimenticate: il rigore non concesso sull’intervento di Zapata su Dybala. Il difensore prende il piede di appoggio, pochi dubbi. Montella nel post partita ritiene l’episodio meno importante in quanto avvenuto dopo 8 minuti di gara. Si potrebbe controbattere che uno svantaggio iniziale può influenzare invece e di molto l’esito di una partita, rendendo gli approcci alla gara tatticamente ben differenti.
Il gol del vantaggio rossonero è viziato dal fuorigioco. Il piede di Bacca è oltre la linea di Benatia. Certo, azione difficilissima da valutare in velocità. Cosa che abbiamo sottolineato anche riguardo al rigore famigerato. Ma in un caso si da per scontata la buonafede dell’arbitro, nell’altro no. Il motivo? Parlare di clamore suscitato per il fatto di trovarsi a fine match non mi pare esaustivo. Entra in gioco il pregiudizio citato inizialmente. “La Juventus ruba” è un mantra ormai. Che prosegue nonostante i numeri: tre i rigori concessi in tutta la stagione alla squadra torinese. Non certo numeri da stravolgere il campionato. Nelle sfide contro il Milan sicuramente pesano gli strascichi del gol di Muntari. Gol che c’era, eccome. Ma anche qui, ciò che resta è l’episodio a favore della Vecchia Signora. In pochi ricordano che, nella stessa partita, fu annullato un gol altrettanto valido all’allora juventino Alessandro Matri. Pare quasi che l’arbitro possa sbagliare, ma quando sbaglia con alcune squadre, sbagli di più. O che, nel dubbio, debba lasciar correre, spaventato dalle polemiche. Ma a parti invertite un rigore del genere non fischiato avrebbe forse suscitato le stesse critiche. E’ dura digerire un rigore al 95′, qualsiasi sia l’appartenenza calcistica. Un contenuto sbotto non si nega a nessuno. E’ dura a volte decidere cosa sia rigore e cosa no, Var o non Var (che ci auguriamo in ogni caso dimezzi gli attriti).
L’impressione però resta che sia la serenità a mancare in questo calcio, troppo diviso in fazioni, che si prende troppo sul serio. Capace di cancellare ogni valutazione in virtù dei singoli episodi. Meno capace di soppesare le situazioni. Di ricordarsi che di “giuoco calcio” sempre si tratta.
C’è poco da stupirsene: la contrapposizione e i titoli ad effetto la fanno da padrona in tutti in campi, non solo su quelli da calcio. Sarebbe forse ora di abbassare i toni, pur conservando la passione. E se proprio non ci si riesce, di ricordarsi che parliamo della “cosa più importante delle cose meno importanti”. Con un po’ più di rilassatezza anche l’arbitraggio probabilmente ne gioverebbe.