Sei Nazioni: Odi et Amo

Sei Nazioni: Odi et Amo
Photo Credit To Foto di Skadd77 via Wikimedia Commons

Il Sei Nazioni è un sogno trasformatosi in un (quasi) incubo

Un sentimento agrodolce mi accompagna anche quest’anno verso l’inizio di Sei Nazioni.

Da una lato la gioia per uno dei tornei più belli al mondo, fatto da rivalità dalle radici ancestrali e giocato a livelli altissimi.
Dall’altro quella sgradevole sensazione di essere ospiti poco desiderati di un club al quale non si appartiene realmente.

Il mio risveglio dopo la prima o la seconda settimana del torneo mi lascia quella strana sensazione dell’aver partecipato a un party da “imbucato”. Una festa meravigliosa durante la quale però sono rimasto in disparte a cercare un po’ di small talk con persone praticamente sconosciute e che hanno accettato il dialogo più per cortesia che altro.

Quando i cinghiali azzurri scendono in campo, mi sento un po’ così. A disagio, di fronte ai rampolli dell’alta società del rugby europeo, con un paio di jeans strappati e la camicia passata fratello maggiore, a volte, argentino o sudafricano.

L’imbarazzo proviene dal non essere stati in grado di fare il salto di qualità, dall’aver vinto partite in maniera sporadica e dal non essere mai stati in grado di rappresentare un pericolo per l’establishment. Proviene dal sospetto di essere lì per far numero, per non rendere il torneo zoppo e, negli ultimi anni, per offrire una trasferta ben più allettante di Tbilisi.
Con tutto il rispetto per la città in odor d’Asia e per i suoi valenti rugbisti.

Sentirsi l’invitato scomodo non fa piacere a nessuno e starà all’Italia, ai XV cinghiali messi in campo da O’Shea contro i dragoni Domenica, dimostrare di non essersi imbucati nel torneo e meritarsi l’invito a tornare.

Lo so, lo si è visto diverse volte, Jacques Brunel, l’omino Bialetti del rugby, promise di lottare per il titolo.
Prima di lui fu Nick Mallet a fare i grandi proclami, per poi far giocare il povero Bergamauro mediano d’apertura, a Twickenham!
Insomma, ai proclami ci siamo abituati, alla sensazione scomoda pure, ma sta a noi toglierci la stigma di dosso e andare a confermare quanto di bellissimo fatto contro il Sud Africa e a far dimenticare la sconfitta scellerata contro Tonga.

Da non dimenticare che partono anche le edizioni femminile e giovanile.
Lì la strada è ancora molta da farsi e la prima vittoria importante è quella dell’attirare il pubblico negli stadi a tifare per le nostre nazionali emergenti.

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Corrispondente da Melbourne - Australia. Maniaco di rugby, appassionato di ogni sport

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