
Ormai in serie A il pareggio è una “sconfitta da un punto”, che si aggiunge a quella vera da zero punti.
A fare la prova sono tre indizi: il crollo del numero delle X (al minimo storico), il distacco senza precedenti delle ultime tre della classifica dalle altre e il consequenziale fatto che metà delle partecipanti non può sognare l’Europa ma è già pressoché certa di non retrocedere, per cui è senza obiettivi o quasi e oppone contro le compagini più forti una resistenza che molti osservatori giudicano meno arcigna.
Tutto questo, a ben guardare, significa che per tutte le reali contendenti a scudetto e posti (con relativi denari) per le prossime edizioni di Champions League ed Europa League un pareggio con una squadra di rango inferiore equivale nei fatti ad una sconfitta.
Una “sconfitta da un punto”, come premesso, ma pur sempre una battuta d’arresto in un campionato come l’attuale: un po’ come quando si perde al tie break nel volley.
Gli stessi risultati delle ultime settimane, salvo (rare) eccezioni, confermano che vincere e portare a casa i tre punti in tante partite di fila è ormai imprescindibile se si vogliono raggiungere obiettivi importanti.
Da questo punto di vista, sono rilevanti i filotti di Roma e Inter e il buon periodo del Napoli.
I giallorossi – sistemata la fase difensiva – si sentono i più credibili candidati a strappare lo scudetto dalle maglie della Juventus (tornata alla vittoria con la fin lì scoppiettante Lazio di Simone Inzaghi, vero, ma già a quota 4 sconfitte in solo mezzo campionato), gli azzurri inanellano risultati e spettacolo (anche se il paragone di Ambrosini con il Milan di Sacchi sembra davvero… iperbolico) e i nerazzurri si sentono da podio (o qualcosa di più? Chissà…) grazie alla marcia da rullo compressore intrapresa con un rigenerato e motivatissimo Pioli.
Per converso, a confermare il trend è anche il Milan: benché vincitore della Supercoppa a Doha e applaudito lanciatore di giovani grazie a Montella, al primo rallentamento (con qualche sconfitta e pareggio di troppo) anche il team rossonero è scivolato indietro.
Se Atalanta e Fiorentina accarezzano ancora qualche sogno d’Europa, tutte le altre hanno una rosa inferiore a chi le precede e, benchè lontane da posizioni “europee”, sono però contemporaneamente tranquille perché lontanissime dalla zona retrocessione.
Come pretendere stimoli da “coltello tra i denti”, in questa situazione?
Soluzioni miracolose forse non ci sono, ma l’ipotesi di tornare ad una serie A più snella è un’urgenza certificata dai numeri, e non più solo un’impressione o uno slogan.
Una riorganizzazione servirebbe anche ad evitare il serpeggiare di interpretazioni velenose di fronte ad errori grossolani, che sono peraltro umani, ed a risultati un po’ scontati: esigenza da soddisfare perchè il calcio italiano, e tutti i sondaggi sul tema concordano, deve recuperare soprattutto credibilità.
Resta allora da capire come mai i vertici dell’italico pallone continuino a perseverare nel ritenere impossibile un dimagrimento che farebbe solo bene all’appeal del campionato, con la conseguente possibilità di proporlo sui mercati esteri ad un prezzo maggiore dell’attuale e quindi di poter poi tagliare una torta dei diritti media più appetitosa per tutti.