Editoriale – Serie A, forse è meglio tornare a 18 squadre

Editoriale – Serie A, forse è meglio tornare a 18 squadre

La brusca caduta della Juventus a Genova conferma che il campionato di serie A 2016/17 è apertissimo in vetta, ma il dato forse più interessante è che cresce il partito di chi – forse con buone ragioni – invoca una sforbiciata e un ritorno del massimo campionato a 18 squadre.
L’argomento principe è nei numeri delle ultime quattro in classifica: l’Empoli guida di fatto un mini campionato a parte composto anche da Pescara, Crotone e Palermo. Insieme, dopo 14 giornate, le ultime della classifica sommano la miseria di 4 vittorie, uno striminzito totale di 26 punti e hanno già superato il muro dei 100 gol subiti (101, per la precisione): difficile che riescano a capovolgere l’esito di una stagione che sembra già segnata, a meno che non peschino un jolly tecnico, tattico, psicofisico… o dalla panchina, con un nuovo mister. Un dislivello purtroppo fin troppo evidente, che sembra uno spot per chi invoca il ritorno della serie A a 18 squadre (se non a 16, come nei favolosi anni ’80 di Zico, Falcao, Rummenigge, Platini e Maradona ma anche di tante favole di provincia).
Potrebbe non essere un’idea da combattere: un campionato snellito sarebbe più competitivo e pertanto più interessante e quindi più vendibile (diritti tv all’estero in primis), aiuterebbe a ridurre il numero – ormai fuori controllo – degli infortuni e magari consentirebbe una migliore programmazione per la Coppa Italia e per la Supercoppa Italiana. Senza contare che anche Ventura avrebbe forse qualche finestra in più per la Nazionale, ossia del tempo per lavorare insieme della cui mancanza tutti si ricordano solo quando gli azzurri prendono sberle nei grandi tornei.

Detto questo, tornando alla vetta il campionato è come detto ancora da decifrare: a parte i precedenti storici di clamorose rimonte completate da chi era molto più indietro a questo punto della stagione, gli indicatori di un torneo tutto da gustare sono tanti.
I problemi della Juventus non possono ad esempio essere sottovalutati: quello di Marassi è il più imbarazzante k.o. stagionale dopo una partita di Champions, in assoluto già il terzo su sette trasferte.
Non può trattarsi di un caso. Certamente pesano le energie (pure mentali) prosciugate da un torneo impegnativo che i bianconeri sognano di rivincere da troppi anni, ma una rosa come quella a disposizione di Allegri – seppur colpita dal consueto, preoccupante numero di infortuni – non può concedersi l’arroganza di un approccio molle alla gara: in caso di dubbi basta leggere il numero di falli commessi dai bianconeri contro il notoriamente grintoso Genoa, una cifra bassissima evidenziata con la matita rossa dallo stesso mister battuto.
E poi più di una scelta (Dani Alves centrale e Cuadrado seconda punta, ma non solo) di Allegri non ha convinto, inoltre il bel gioco continua a latitare: il tecnico livornese ha ricordato che vincere è l’unica cosa che conta, e per gli albi d’oro è innegabile, ma… Se poi si perde i conti non tornano più.
Ecco che allora, legittimamente, si sono ringalluzziti i tifosi di Milan e, soprattutto, Roma.
Per ora sembrano più attrezzati i giallorossi, per varie ragioni. I giovani rossoneri mostrano qualità, fame e interessanti margini di miglioramento, ma i ragazzi di Montella – bravo a dare un’identità precisa alla squadra, ora capace anche di soffrire – non hanno sempre convinto (il derby con l’Inter poteva essere vinto ma, ai punti avrebbero forse meritato i nerazzurri) e qualche episodio arbitrale fortunato certamente non li ha danneggiati.
Aumentano i rigori a favore della solida ed esperta Roma, che rispetto al Milan (cinese o no? Chi vivrà, vedrà) offre a Spalletti titolari dal maggior tasso tecnico ed una panchina più profonda. L’impressione è che mai come quest’anno De Rossi e compagni possano – se evitano qualche distrazione di troppo – contendere lo scudetto ad una Juventus che, va ricordato, ha smantellato in due estati il robusto e fantasioso centrocampo (Vidal-Pirlo-Pogba) che ne era la forza determinante, sia in fase di sostegno alle punte che di copertura della difesa.
Test probante, per l’incerottata Signora, sarà la partita con la divina Atalanta. Sei vittorie consecutive, un parco giovani invidiabile e l’entusiasmo di un’intera città possono autorizzare – se non a scommettere forte su un bis italiano del miracolo Leicester – a sognare in grande. Soprattutto se i ragazzi di Gasperini faranno risultato allo Stadium.
Ruolino di marcia appena inferiore, nelle ultime giornate, è quello della rifiorita Lazio. Simone Inzaghi ha finora azzeccato quasi tutte le scelte, e merita gli elogi che gli stanno piovendo addosso: il derby con la Roma dirà se i biancocelesti hanno fatto il salto di qualità che non tutti si aspettavano.
L’assenza di Milik ha indubbiamente frenato il Napoli di Sarri, ma l’ennesimo mezzo flop – il pari con il Sassuolo – è la spia che manca qualcosa di più di un giocatore, seppur importante.
Tra le grandi recupera qualcosa l’Inter, che dopo il clamoroso k.o. in Israele batte la Fiorentina anche grazie agli errori di una direzione arbitrale che ha fatto infuriare i viola, che appaiono comunque turbati dalle inquietudini (e dalle dichiarazioni) del tecnico Paulo Sousa.
Non avrebbe meritato di perdere con un arrembante Torino il Chievo di Maran: gli attaccanti (Iago Falque, Belotti e Ljajic sono tanta roba) di Mihajlovic sono ispiratissimi, ma i veronesi possono recriminare su almeno tre sviste arbitrali da arrossire.
Festeggia con legittimo orgoglio il Genoa, che ha steso la Juventus con le armi – pressing alto e “cattiveria” – che mettono spesso in difficoltà i bianconeri, a volte troppo compassati: ora il Grifone è pari ad una Sampdoria incapace di vincere a Crotone e raggiunta anche dal Cagliari (bel gol, Sau) tornato ad assaporare i tre punti contro una non convincente Udinese.
Non trova la necessaria continuità il Bologna di Donadoni, che nelle giornate migliori ha dato l’impressione di poter fare di più, mentre sembra preso tra l’incudine delle passate fatiche preliminari/coppa e il martello degli infortuni il Sassuolo di Di Francesco: il buon 1-1 a Napoli ha comunque fatto evaporare il sospetto che qualcuno, respirando l’aria delle coppe europee, si sia imborghesito. Certo ci si sarebbe aspettato qualcosa di più gustoso, dalle emiliane.

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