
Una costante, ormai, che contraddistingue le partite del Milan. I rossoneri partono male, anche a Verona contro il Chievo, subiscono il pressing e l’iniziativa degli avversari. Sembrano alle corde, in procinto di capitolare da un momento all’altro, per poi risvegliarsi improvvisamente dal torpore generale.
Il tempo necessario per resistere agli attacchi avversari e colpire di rimessa. Kucka riconquista un pallone nella metà campo avversaria e lo scaraventa in rete con forza. Lo shock subito dal Chievo è sul volto di Maran, convinto fino a quel punto di aver imbrigliato il gioco dei rossoneri.
All’attendismo del primo tempo fa seguito un vero e proprio arrembaggio nella ripresa. Pronti, via: Bonaventura vince un contrasto a centrocampo e lancia Niang, che supera Sorrentino con un preciso diagonale.
L’uno-due si fa sentire, e il Milan va vicino al 3 a 0 in più di un’occasione. Senza palleggio, senza bel gioco, senza mettere in mostra particolari qualità. Non sembra neanche che su quella panchina sieda Montella. Ma il calcio, si sa, è strano, e premia spesso le capacità di adattamento. Un bravo allenatore, si dice, deve sfruttare al meglio il “materiale umano” a sua disposizione. L’affermazione conseguente è che l’ex “aeroplanino” sia davvero bravo. E, per il momento, nessuno può affermare il contrario.
Nell’istante in cui la partita sembrava chiusa, Birsa la riapre con una punizione all’incrocio dei pali. L’espressione di Maran si ravviva nella confusione generale: chi gioca peggio segna. L’allenatore del Milan inizia a gestire. E lo fa magistralmente, a dimostrazione del suo personale stato di grazia. Sosa e Poli diventano inaspettatamente utili. Bacca, inserito quasi al novantesimo, aggiunge una buona dose di fortuna al suo consueto cinismo.
Come si sia materializzato il 3 a 1 finale rimane un mistero, almeno quanto il secondo posto dei rossoneri. Montella deve delle spiegazioni a qualcuno. Nel frattempo, si gode il momento: senza palleggio, senza spettacolo si vince lo stesso.
Il calcio è strano. O forse no.